CAPITOLO 21
Aggiornamento: 30 apr 2021
DATA, 28/10/2264
Con l’aiuto, direi provvidenziale di una nebulosa, siamo riusciti a intercettare una comunicazione proveniente dal futuro: dal XXIV secolo!
Questa incredibile e inaspettato contatto, potrebbe consentirmi di fare il viaggio nel futuro per incontrare un Sarek più anziano. La fortuna inoltre, ha voluto che la comunicazione provenisse non solo dalla Federazione, ma pure da un Ammiraglio che pare ora essere a Parigi.
Uhura ha fatto del suo meglio per tenere il flebile canale aperto, in modo che potessi chiedere all’Ammiraglio Beretta (questo il suo nome), se conoscesse Sarek e se ci potesse mettere in contatto con lui.
Quando ha confermato di conoscerlo e che sì, ci poteva mettere in contatto, non ho esitato a chiedere come pensava fosse possibile ed è stato in quel momento che ho sentito una grande gioia invadermi il corpo, la soluzione era un viaggio nel futuro, nel XXIV secolo!
Sebbene la debolezza del segnale e le interferenze statiche, ho chiesto come stesse Sarek, dove si trovasse e io che aspetto avrei dovuto assumere.
Così, ho scoperto che Sarek ha circa 200 anni e che purtroppo soffre della sindrome di Bendii e che è sostenuto mentalmente da un suo assistente. Inoltre, nel secolo di questo Ammiraglio io avrei 110 anni e parrebbe che con Sarek il rapporto si sia un poco ricucito; mentre Spock sarebbe impegnato in una non ben specificata missione diplomatica di pace.
Il viaggio nel futuro sarebbe possibile sfruttando la traccia quantica della comunicazione, ma avremo tempo solo un’ora per andare, tornare ed incontrare Sarek, inoltre, il ritorno dovrà necessariamente coincidere con un’eruzione solare della stella di Vulcano, altrimenti, non riuscirò a tornare nel mio tempo e sia io, che coloro che saranno ai comandi del teletrasporto, periranno risucchiati in un vortice spazio temporale.
Poi, la comunicazione si è fatta sempre più disturbata, le scariche statiche sono peggiorate e alla fine abbiamo perduto il contatto. Sono rimasta sul ponte in silenzio, mi sono appoggiata alla sedia di Uhura, cercando di mettere ordine ai pensieri che vorticosi si susseguivano nella mente.
Poi, parlò Spock e mi concentrai sulle sue parole.
«Abbiamo solo un margine del 20% di successo ed è una stima ottimistica. Inoltre, non siamo certi che tu riesca a parlare con Sarek, primo per il tempo limitato a disposizione e secondo, per la sue condizioni di salute.»
Lo interruppi esclamando «Ma, è pur sempre un 20%!»
Ma lui proseguì il suo ragionamento «Altro, fattore da tener conto è il ritorno. Anche usando tutta l’energia di questa nave, non è detto che sia sufficiente e soprattutto non nel breve arco di tempo di un’ora. I rischi d’insuccesso sono pari all’80%.»
«Inoltre, signor Spock, vi sono in ballo le vite di alcuni membri dell’equipaggio, che rendono di fatto questi rischi ancora più elevati.»
«Esattamente, Capitano.»
Li guardai allibita, non potevo crederci che non volessero nemmeno tentare di ipotizzare una soluzione al problema «Ma Spock, con Scotty si potrebbe trovare il modo per rendere più sicuro questo viaggio… Ci saranno ben delle soluzioni… Capitano, non è lei che dice sempre che c'è sempre una seconda possibilità, un’altra via, un altro modo per affrontare i problemi? Perché ora ci arrendiamo?! Accidenti, saremmo i primi, non solo a viaggiare nel passato, ma anche nel futuro! Caspita! Ecco, un posto dove nessuno è mai arrivato prima: nel futuro!»
«Tenente Comandante T’Ile si calmi! Non sta a lei, qui dare ordini!» Il Capitano attiva il comunicatore posto sul bracciolo della poltrona «Dottor McCoy qui Kirk, fra due minuti in sala riunioni.»
Poi rivolto a me e a Spock «Bene signori, seguitemi.»
Ci ritrovammo in sala riunioni la discussione si accese con Kirk che colsi essere tentato dalla mia idea di tentare l’impossibile e con McCoy che invece scettico, considerava tutta la questione semplicemente una follia. Tra i due estremi, vi era la calma impassibile di Spock che con argomentazioni logiche, numeri, statistiche e percentuali, cercava di far bilanciare i pro e i contro di una tale impresa. Già, ma la questione andava oltre i freddi numeri e la cruda logica.
Personalmente, avevo un pianeta e una famiglia da riconquistare e se ciò voleva dire intraprendere un viaggio nel futuro per capire come smuovere il Sarek del presente, ero disposta a correre ogni rischio possibile. Inoltre, trovavo assurdo non esplorare il futuro, quando ci sarebbe stata offerta una possibilità come quella, così, come si suol dire: su un piatto d’argento?!
Su questo punto avevo il favore anche del Capitano e per me era un punto a favore. Ma, purtroppo non avevo il favore di McCoy ed essendo lui il medico di bordo, aveva l’ultima parola e se era contraria avevo poche speranze. Cercai quindi di convincere McCoy con tesi il più concrete possibili, più logiche, se vogliamo, ma non ci fu nulla da fare. McCoy non si schiodò e non cambiò idea, per lui era e rimaneva una pazzia.
«Dottore non è che forse lei ha paura dell’ignoto?»
Gli chiesi come provocazione. «Non ho paura dell'ignoto tenente comandante, ma ritengo che i rischi siano troppo elevati. Qui lei e qualcun altro potreste rimanere uccisi! Certo, a lei forse non importerà non avendo una famiglia, ma magari agli altri...»
A quell'affermazione sentii l’ira salirmi in corpo come una vampata di calore. Sentii la mascella serrarsi e sentii i pugni stringersi, non so se McCoy lo notò, ma di certo fece finta di nulla.
«Dottore, sta forse dicendo che a me non me ne importa della vita, dei miei colleghi?»
Se fosse stato appurato, io sarei stata immediatamente espulsa dalla Flotta Stellare, attesi quindi con nervosismo la risposta di McCoy, che non si fece attendere.
«Se lei tenente comandante proseguirà con il sostenere di voler compiere questa missione e dovesse convincere il Capitano ad assecondarla, sì.»
Per l’indignazione scattai in piedi fulminando McCoy.
«Dottore come può permettersi di fare una simile illazione! Lei non ha il diritto di rivolgermi una tale accusa! Il Capitano segue la logica dei dati, non si fa certo guidare dai sentimenti quando deve prendere una decisione! (Che voglia ebbi di prendere McCoy per il bavero… ma mi dovetti trattenere. Serrai i pugni, con ancora più vigore.)
«Lei piuttosto, come agisce? Giocando sporco? Facendo leva sui sentimenti, per mettere zizzania?»
La mia voce si era alzata di volume, ma era resa ferma dall'indignazione che sentivo trapelare da ogni muscolo contratto e da ogni nervo teso. Gli occhi sapevo essere diventati due fessure, ma non mi avvicinai mai a McCoy, temendo di potergli mettere, veramente, le mani addosso.
Fu però McCoy ad alzarsi dal tavolo e a venire a pochi centimetri di distanza da me. Ci squadrammo entrambi.
«Tenente dica la verità che avrebbe voglia di colpirmi.»
«Dottore, non mi provochi.»
Lo guardai negli occhi e vidi la provocazione nel suo viso, mi stava sfidando e si stava pure divertendo. Stava giocando al gatto con il topo, dalla sua parte aveva l’età e il grado di primo medico ufficiale, non lo potevo affrontare direttamente, avrei perso malamente e poi Kirk e Spock avevo notato con la coda dell’occhio alla mia sinistra, che si stavano già alzando per prevenire qualsiasi reazione inconsulta di entrambi. Guardai quindi di fronte a me, sulla destra e vidi che avevo la possibilità di lasciare la stanza, prima che la situazione degenerasse e salvare anche la mia carriera.
Con una rapida mossa, mi piegai in avanti e scartai McCoy, il quale rimase impreparato alla mia mossa e rischiando di sbattere contro le porte, uscii dalla stanza. Ero già sul corridoio, quando sentii la voce del Capitano chiamarmi, ma ero ancora troppo arrabbiata per fermarmi e quindi mi precipitai verso il turbo ascensore e gli ordinai di andare nel piano degli alloggi ufficiali.
Solo quando fui nel mio alloggio cominciai a rilassarmi, passarono due ore abbondanti (nel frattempo cenai), prima che qualcuno venisse a suonare alla mia porta «Avanti» dissi ed entrò Spock.
La sua aria severa mi fece subito capire che il Capitano non aveva preso bene la mia fuga dalla riunione e forse non solo quella.
Gli feci cenno di sedersi sulla sedia della scrivania, mentre io mi sedevo sul letto. Per un lungo momento rimanemmo in silenzio, lui mi osservava in silenzio, con le mani nella posizione che sapevo essere di riflessione, decisi quindi di stendermi sul letto e aspettare che finalmente volesse parlare. Ma, se anche avesse voluto rimanere in quella posizione, in silenzio, per me non sarebbe stato un problema, in qualche modo, la sua sola presenza mi stava aiutando a calmarmi e di questo gliene ero grata.
Se Spock non fosse passato quella sera, probabilmente non avrei chiuso occhio la notte e lui questo lo sapeva. Poi, e la cosa mi sorprese, si alzò dalla sedia e venne a sedersi sul letto a fianco a me, io mi scostai per lasciargli spazio.
«Abbiamo poche possibilità di farti tornare indietro...» Aprii la bocca per dire la mia opinione, ma lui alzando una mano disse «Aspetta, lasciami finire. So che ti dà fastidio sentirtelo dire e so che ci tieni a risolvere la situazione con nostro padre, ma non è rischiando seriamente di perire nel viaggio di ritorno, che risolverai i tuoi problemi, concordi?»
«Magari potessi non concordare...»
Ero delusa, avevo sperato che quella potesse essere la soluzione ed invece, mi stava sfuggendo di nuovo. Mi sentivo nuovamente impotente ed avevo la sensazione che avrei dovuto aspettare veramente di compiere 130 anni prima di poter riavere un rapporto decente con Sarek. Mi girai sul fianco sinistro, dando le spalle a Spock.
«Nostro padre hai detto? Magari fosse nostro… è solo tuo… e neanche a te rivolge quasi la parola, da quanti anni ormai? Spock, se solo...»
«Fossi umano?»
«Sì, se solo ascoltassi di più la tua parte umana, forse mi potresti capire meglio.»
«Pensi che tramite il legame io non percepisca e non capisca il tuo stato d’animo?» Mi girai verso di lui ed appoggiai il capo sul palmo della mano, col gomito destro che faceva da sostegno e alzai un sopracciglio eloquente.
Lui mi guardò con aria perplessa «Non mi credi?»
«Sinceramente non credo che tu mi possa capire del tutto.»
Mi lasciai cadere sul letto e fissai il soffitto, ma non vedevo il soffitto, vedevo le immagini della mia mente, ne passai in rassegna un bel po’, poi mi fermai su una e la passai a Spock, la vide nella sua mente, quando gli chiesi cosa significasse per lui, mi elencò solo una serie di dati cronologici, nulla che riguardasse la sfera emotiva.
«Non voglio provare emozioni, non chiedermelo e non provare a sforzarmi a farlo. Io ho fatto la mia scelta, come tu hai fatto la tua.»
Si alzò e capii che stava per congedarsi, quindi dissi solamente «Già...»
«Capisco che tu non sia soddisfatta...»
«Spock, va bene così come sei, non proverei mai a cambiarti, come non vorrei che tu provassi a cambiare me, è solo che… sì, avrei bisogno...»
Preferii inviargli un immagine di ciò che avrei voluto dirgli a parole, infatti capì e mi abbracciò. Un abbraccio un po’ forzato, rigido a dire la verità, ma me lo feci bastare e sentii gli occhi pizzicare. Mi mise le mani sulle spalle e mi scostò da lui, senza guardarmi, lo percepii turbato nell’augurarmi «Buonanotte» osservando che stesse bene, risposi «Grazie, anche a te Spock» poi, sentii le porte chiudersi e io rimasi nuovamente da sola.