top of page

CAPITOLO 27

Aggiornamento: 30 apr 2021

DATA, 21/11/2264



Siamo arrivati alla Base Stellare 12 e il Capitano ha dato a tutto l’equipaggio, a turni, settantadue ore di licenza.


Sono entusiasta all’idea di scendere e fare un giro per i negozi della Base Stellare. Si vedono sempre oggetti strani in vendita e si possono fare delle conoscenze veramente assurde. Al momento però, sono ancora davanti allo specchio del mio alloggio che non so se dare o meno al mio volto un aspetto più vulcaniano o umano. Se scendessi con un aspetto vulcaniano avrei più privacy e potrei godere anche di una maggior fiducia delle persone, che mi lascerebbero curiosare per la Base Stellare con più libertà e meno domande. D'altro canto però, mi divertirei di meno, dovrei prestare più attenzione al mio comportamento e non potrei divertirmi con la libertà che vorrei.


Cos’è che desidero di più: esplorare o divertirmi?


Scelta fatta: scenderò, per divertirmi!


 

«Ehilà dottore! Come va, si sta divertendo?»

«Vedo che hai lasciato le orecchie sulla nave.»

«Ho scelto il divertimento e un vulcaniano non è che si diverta, poi molto.» risposi, fecendogli l’occhiolino.

«Hai ragione!»

«Bones, ha visto Spock?»

«Sì, di sfuggita. Ha detto che aveva un collega di una nave vulcaniana da salutare.»

«Nave vulcaniana ha detto?

«Sì, perché che c’è? Qualcosa non va?»

«No, nulla dottore...» poi fra me e me aggiunsi almeno lo spero!


Quella notizia, mi mise in uno stato di allarme e di preoccupazione che mi fece passare la voglia di divertirmi. Intanto McCoy mi aveva condotto in un bar, prendemmo qualcosa da bere e ci sedemmo ad un tavolo.


«Sembra che tu debba andare a un funerale. Sei così da quando ti ho detto di Spock. Cos’è che ti preoccupa?»

«Niente, è solo una sensazione a riguardo di una discussione che avemmo una settimana fa io e lui e di una prova, accennata da Sarek»

«Che genere di discussione hai avuto con Spock? Ci sono problemi?»

«No...»

«Allora cosa?»

«Niente dottore! Su beviamoci questo drink e brindiamo a questa licenza!»


Lo dissi con gioia forzata e fu quando, feci per bere, che per poco non mi strozzai.

Spock e Kirk erano arrivati al locale, accompagnati dal capitano e dal primo ufficiale della nave vulcaniana e stavano ora indicando il tavolo, dove eravamo seduti io e McCoy.


McCoy seguendo il mio sguardo, si girò e li vide anche lui. Poi tornò a girarsi verso di me «Chi sono quei due? Li conosci?» cercando di riacquistare colore, bevvi un sorso della mia bibita e gli risposi «Non li conosco, ma dovrebbero essere il primo ufficiale e il capitano della Soval. La nave vulcaniana ormeggiata qui, come l’Enterprise.»


Non ci fu il tempo di aggiungere altro, che il quartetto raggiunse il nostro tavolo e iniziarono le presentazioni.

Mi accorsi ben presto che il primo ufficiale della Soval, Sitral mi fissava con insistenza come se mi stesse facendo una radiografia. La cosa mi stava dando fastidio e lo guardai fisso a mia volta. A quel punto staccò i suoi occhi da me.

Intanto, il mio udito aveva captato la fine di una conversazione «… e se vorrete potrete fare una visita sulla nostra nave.»


Cosa? Quale visita? E pensando ciò, guardai interrogativamente i due capitani.

Kirk rispose alla mia silenziosa domanda «Il capitano T’Rel sarebbe lieto se potessimo partecipare ad una visita alla sua nave. Capitano, se desidera possiamo fare questa visita anche subito.»


Come subito?!

«Va bene capitano, prego da questa parte.» e T’Rel ci fece strada verso la sua nave.


 

Quando fummo al suo interno, potei notare l’ordine, la pulizia e il silenzio che vi regnava. La nave era luminosa e dotata di ogni comfort. D’altronde era una nave della Federazione, seppur dell’Ala vulcaniana della Flotta.


«Di quanti uomini è composto il vostro equipaggio?» sentii chiedere Kirk

«230 membri sia maschili che femminili» rispose T’Rel.

«È sempre così silenziosa?»


Chiesi io dopo un po', notando che sebbene ci fosse dell’equipaggio a bordo, regnava un silenzio quasi assoluto, cosa impossibile sull’Enterprise.


«Sulla Soval si parla solo se necessario. È illogico sprecare tempo ed energie in futili conversazioni, che rendono meno efficiente il lavoro.»


Il tono fu come se provenisse da una gola profonda. Mi mancò il coraggio di aggiungere altro e mi limitai a un cenno del capo, quasi a scusarmi per avergli rivolto una domanda tanto superficiale.

Lo sguardo di ammonimento di Spock, fu come se avesse voluto trapassarmi da parte a parte e così mi misi a fissare il pavimento, sul quale, effettivamente, mi sarei potuta specchiare.


Per il resto della visita mi limitai ad osservare in silenzio e mentalmente annotai molti particolari, soprattutto riguardanti il comportamento dell’equipaggio, che quasi parve non accorgersi della nostra presenza.


«La disciplina su questa nave risponde al Codice di Comando Vulcaniano, che prevede obbedienza immediata, assoluta e indiscussa. Esso è molto diverso da quello standard della Flotta Stellare. D’altronde per gli umani con le loro emozioni che interferiscono con l’efficienza, non potrebbero rispettarlo, mentre per i vulcaniani quelle semplici e basilari regole del Regolamento della Flotta Stellare, non erano adeguate agli standard a cui il nostro popolo è abituato. Non capisco signor Spock, perché lei abbia scelto di prestare servizio su una nave umana.»


Le parole di T’Rel mi avevano fatto sgranare gli occhi, ma mi ricomposi in fretta, Sitral e Spock mi stavano osservando e in quel momento, desiderai sprofondare nel pavimento.


Voltai loro le spalle e mi misi a osservare un gruppetto di ufficiali al lavoro. Mi sentivo le viscere sotto sopra. Come poteva affermare che il Regolamento della Flotta Stellare fosse “semplice”? Ma allora che cosa doveva essere il "Codice di Comando Vulcaniano"?


Desiderai che la visita finisse il più presto possibile, per togliermi quella sensazione di disagio che mi stava attanagliando il respiro.


«Capitano T’Rel le ricordo che sono per metà umano e che l’Enterprise è la nave ammiraglia della Flotta. Inoltre, gli umani sanno avere proprio nelle difficoltà, le migliori capacità adattative, di coraggio e di logica. Sono certamente più impulsivi e irrazionali di noi, ma stare in loro compagnia si è rilevato molto interessante.»


«Non lo metto in dubbio, tuttavia noi aborriamo la violenza, mentre l’Enterprise anche se solo per difesa uccide altre forme di vita. Comunque, sarebbe illogico negare, che la sua presenza a bordo dell'Enterprise, abbia influito positivamente sull’ordine e la disciplina sulla nave.»


«Purtroppo non su tutti...»


Mi voltai di scatto a guardarli, ma tre vulcaniani che ti osservano come se fossi un delinquente da mettere in gatta buia e gettare la chiave, mi fece desistere da qualunque forma di contraddizione. Rimpiansi di non poter nascondermi da qualche parte, rimasi pertanto immobile a guardarli.


Quando decisero di riprendere la conversazione e ripresero la visita della nave, tirai un sospiro di sollievo e mantenendo un paio di metri di distanza, li seguii in silenzio, pensando alle parole di T’Rel “obbedienza immediata, assoluta e indiscussa” doveva essere proprio così, ma decisamente non faceva per me.


Riflettendo su quelle parole, mi trovai a pensare: E se un ordine fosse stato sbagliato? Se fosse stato corretto nella logica, ma sbagliato nella circostanza? Cosa sarebbe accaduto se nessuno avesse mosso dei dubbi?


E ancora: Se non si ubbidiva a un ordine prontamente che cosa sarebbe successo?

I vulcaniani sono non violenti, ma di fronte a un ritardo o a una più piccola mancanza come avrebbero reagito? Quante cose su quella nave era proibito fare?


Immaginai una me su quella nave e mi resi conto in quel momento di quanta libertà io avessi sull’Enterprise.


 

«Spock mi dica, vostra sorella sa già che rimarrà su questa nave?»


Mi fosse caduta una trave in testa, mi avrebbe fatto meno male.


Mi bloccai nel corridoio e mi sentii sprofondare nel terrore che solo un terribile incubo può suscitare. Presa dal panico, coprii correndo quei pochi metri che mi separavano dal gruppetto e d’istinto presi il braccio di Spock e lo strattonai quasi gridando «Come rimango qui?! Perché!»


All’improvviso ebbi la sensazione di essere sprofondata negli inferi. Quei tre mi sovrastarono e quasi senza rendermene conto, atterrita indietreggiai finché le mie spalle non sbatterono contro la paratia. Sembravano tre demoni dell’inferno e con un po' di fantasia, non avrei fatto fatica a vedere le corna oltre che una coda spuntare dai loro corpi. Cercai di scacciare quell’immagine dalla mente e mi riparai gli occhi con il dorso della mano destra.


«Guardami!» Era la voce imperiosa di Spock, abbassai lentamente la mano dagli occhi, mi accorsi che stavo tremando. Spock mi staccò di forza dalla parete, stringeva così forte il mio polso che temetti, me lo volesse spezzare.


«Spock, mi fai male!» sussurrai, cercando di liberarmi dalla sua presa d’acciaio.

«Capitano T’Rel non ci sarebbe una sala qui vicino dove poter parlare in privato?»

«Sì, poco più avanti a destra.»


Con Spock che aveva allentato solo di poco la sua presa, sul mio polso, venni quasi trascinata alla stanza indicata da T’Rel. Passammo accanto a due sbigottiti umani, che provarono inutilmente a chiamare Spock, ma egli non diede loro bado e continuò dritto per la sua strada, affiancato dagli altri due vulcaniani. Io provai a voltarmi verso Kirk e McCoy, ma facendo quel movimento, la stretta divenne ancora più decisa e dovetti desistere.


 

Una volta dentro, la porta venne chiusa e vennero chiamate due guardie a sorvegliarla. McCoy e Kirk non poterono entrare.


«T’vareth» (che tradotto potrebbe significare bambino disubbidiente e insolente)

disse Spock inflessibile. Chinai il capo e bisbigliai un “chiedo scusa” appena udibile.

«Non parlerete senza permesso.»

Presi coraggio e alzando leggermente il capo, con più voce dissi: «Io non ho fatto niente.»

«Cosa esattamente del “non parlerete senza permesso”, non vi è chiaro?»

«Allora, chiedo il permesso di parlare.»

«Negato.»

«Ma, solitamente, non si dice che la logica parla da sé?»

«Silenzio!»


Avevo giocato le mie carte, ma ora le avevo terminate e dovetti obbedire. Non sapevo in che posizione mettermi e alla fine decisi di stare nella posizione di “riposo” con le mani dietro alla schiena, osservando un punto del pavimento a un paio di metri di distanza.


Spock riprese la parola: «La logica parla. L’innocenza si difende. La colpa si limita a presentarsi per essere giudicata.»

Lo guardai sorpresa ed esclamai: «Ehi, un attimo, ma io non ho fatto nulla!»


Mi sarei rimangiata volentieri, quelle ultime parole, quando vidi Spock alzarsi da dietro la scrivania, con l’espressione di chi avrebbe voluto passarci attraverso.


«Sta a me giudicare se siete innocente o colpevole e il vostro ruolino personale parla per voi. Capitano T’Rel posso chiedervi la cortesia di leggerlo?»


Avrei volentieri fatto a meno di quella lettura, ma lo sguardo glaciale di Spock e di Sitral mi fecero desistere da ogni protesta e mi preparai a subire una buona dose di vergogna. La lettura iniziò dai dati personali, poi si passò alle date di diploma e d’imbarco.

Venne data lettura anche dei meriti accademici, degli incarichi svolti durante le spedizioni di addestramento e le missioni portate a termine. Non era un caso insomma, che se fossi riuscita a ottenere il grado di Tenente Comandante, sebbene un'interpretazione del tutto personale del Regolamento della Flotta. Mi fece piacere, risentire narrati gli anni dell’Accademia. Erano stati anni felici e spensierati, dove ero riuscita ad emergere in modo positivo e dove alcune scappatelle o infrazioni, venivano risolte con un rimprovero verbale o con l’abbassamento di un voto e non con giorni di isolamento nel proprio alloggio o addirittura in cella... provai una leggera nostalgia. Ma, un cambio di voce del capitano mi fece capire che stava leggendo la parte relativa all’anno in corso e ciò mi distolse dai miei ricordi.


Fu letto tutto, non fu saltata nemmeno una riga! Il silenzio che ne seguì, lo si sarebbe potuto tagliare con un coltello. Fissai con più determinazione il punto vuoto nel pavimento e cercai di staccarmi emotivamente da quella situazione. La verità però, era che avevo mani, piedi e orecchie gelati. La tensione attorno a me la sentivo crescere e dentro di me iniziai nuovamente a percepire la paura.


«Spock, vi siete mai posto il problema della conseguenza che può aver spinto un brillante ufficiale della Flotta a diventare un T’vareth

«Sì, T’Rel e sono arrivato alla conclusione che sia stato dovuto ai problemi che ci sono stati nella famiglia, che l’hanno portata a rifiutare la disciplina vulcaniana e a comportarsi in modo totalmente umano.»


«Ma, noi sappiamo che anche quand’eravate giovani e vivevate nella casa di Sarek, vostra sorella, si comportava in disprezzo alle convenzioni sociali del nostro popolo. Le cause sono da ricercare molto più in profondità. Un sondaggio mentale profondo e accurato, potrebbe risolvere questo arcano.»


«Sitral, non per voler contraddire la vostra tesi, ma vi posso assicurare che ho sondato molte volte la mente di mia sorella e non vi è nulla che non vada in essa. È solamente un problema comportamentale, che può essere corretto rimanendo a contatto con persone del suo stesso popolo…»


«Sei tu a non voler capire me! Tu continui a dire che io devo vivere come una vulcaniana, ma io sono anche umana! Io non voglio sopprimere una parte di me, come tu hai fatto con la tua! Io vado fiera, orgogliosa e amo la mia parte umana! L’IDIC è l’emblema del significato delle parole che sto dicendo, perché non lo vuoi accettare?!»


«Spock, voi avete ragione, vostra sorella ha solo bisogno di una buona e sana dose di disciplina. Saremo lieti di ospitarla sulla nostra nave. Sarà sufficiente un mese. Quando tornerà sull’Enterprise sarà una vulcaniana, vera


«No! Mai!»


Di slancio uscii dalla stanza, catapultandomi nel corridoio e correndo cercai la strada per il turboascensore più vicino.


Intanto, però nella nave risuonava l’allarme di sicurezza che avvisava il personale di bloccarmi con ogni mezzo possibile, anche utilizzando i phaser, regolati su stordimento. Per non rischiare di essere bloccata nel turboascensore, dovetti prendere le scale di emergenza.


Scesi fino al ponte sottostante e mi misi a correre per cercare la sala teletrasporto più vicina, ma dovetti cambiare strada più volte, per non incrociare le guardie.


Una scarica di phaser mi raggiunse, intorpidendomi un braccio. Tenendomi il braccio con l’altra mano, continuai a correre, finché riuscirono a bloccarmi in uno spazio delimitato da quattro campi di forza.


La mia fuga era finita.


 

Quando arrivò Spock, seguito dagli altri vulcaniani e umani, capii che ero nei guai fino al collo.


«Disattivate i campi di forza e portatela in cella. Fate venire anche il dottore, è ferita a un braccio.»

«T’Rel chiedo sia il dottor McCoy a curarmi.»

«Accordato.»


Senza che aggiungesse altro, due guardie mi presero per le braccia e mi sospinsero quasi di peso per tutto il tragitto fino alla cella. McCoy entrò con me e poi il campo di forza venne attivato.


«Ti sei messa in un bel pasticcio.» disse mentre si prendeva cura del mio braccio, visitandolo e preparando l’hypospray.

«Questi sono pazzi, se pensano di tenermi prigioniera sulla loro nave, finché non mi comporterò come una di loro!» dissi stringendo i denti, più per la rabbia, che per il dolore.

«Stai calma o ti farò male.» avvertì e McCoy e rilassai prontamente i muscoli del braccio, affinché potesse farmi l’iniezione.

«Ecco, tra un po' starai meglio.»

«Grazie dottore. Tiratemi fuori di qui, vi prego.»

«Con l’aiuto di Jim faremo il possibile.»

«Grazie.»


Poi, si avvicinò al campo di forza e chiese di uscire, il campo di forza venne disattivato e come lo sentii scendere, con mossa fulminea lo attraversai prima di McCoy, ma la mia fuga venne immediatamente fermata da una poderosa presa al collo.


Mi fermai istantaneamente.


La posizione della mano, non era per farmi svenire, ma per spezzarmi l’osso del collo, se avessi fatto un qualsiasi altro movimento avrei potuto rischiare la morte. Attesi che la mano si spostasse dal collo, per provare a scappare nuovamente, ma una presa al polso che mi era fin troppo familiare, mi bloccò e con una poderosa spinta, mi rispedì all’interno della cella.


Ero furente e feci per scappare di nuovo, finendo, questa volta, a sbattere contro il campo di forza che era stato prontamente attivato e che mi sbalzò addosso alla parete della cella. Rimasi seduta per terra un po' intontita e poi guardai attraverso il campo di forza e li vidi tutti lì riuniti a guardarmi.


«Che avete tutti da guardare? Non avete mai visto nessuno lottare per la propria libertà?» Mi rialzai e mi andai a stendere sulla cuccetta.

«Starai su questa nave per un mese e dato che non sei abituata al Codice di Comando Vulcaniano, per apprenderlo nella sua completezza, inizierai la carriera su questa nave dal grado di guardiamarina...»

«Che cosa, ma siete impazziti tutti?!»

«Se il vostro comportamento migliorerà, vi verrà assegnato un alloggio, se rimarrà quello ribelle di ora o dovesse peggiorare, verrete degradata al grado di cadetto e il vostro soggiorno allungato ulteriormente.»

«Capitano Kirk, Bones, Spock, vi prego! Non lasciatemi qui, liberatemi! Sono una cittadina della Federazione, ho dei diritti! Non potete farmi questo! Liberatemi! Vi prego!»


Nessuno venne a liberarmi, le uniche cose che mi portarono furono: un’uniforme vulcaniana da guardiamarina, alcuni effetti per l’igiene personale e delle vivande.

Quando poi, scoprirono che con le posate avevo cercato di forzare il campo di forza, per metterlo fuori uso, invece che delle posate in metallo, iniziarono a portarmi delle posate in plastica, adatte unicamente per il cibo.


 

Stava trascorrendo ormai una settimana, quando Sitral si presentò davanti alla mia cella. Lo guardai con sdegno. Lo vidi trasalire per un attimo di fronte alle mie palesi emozioni. Un sorriso beffardo vidi nel riflesso nello specchio e provai piacere.


«Il capitano vi vuole a rapporto, immediatamente. Sono venuto per accompagnarti da lui.»

«Davvero? Beh, adesso non ho tempo. Sono impegnata in cose più importanti.»

«Menti!»

«Davvero? Perché non fate abbassare il campo di forza e non venite a controllare voi stesso o avete paura?»


Il sorriso beffardo mi divenne più affilato. Aveva ragione McCoy, se volevo, sapevo anche imitare il sorriso e il luccichio degli occhi, di una romulana e con quello sguardo, guardai verso Sitral che questa volta sì, fece un passo indietro. La sua reazione mi fece scoppiare in una grossa risata e lo vidi andarsene tutto impettito, chiaramente indignato.


Mi distesi nuovamente sulla cuccetta e attesi l’evolversi degli eventi. Dovetti attendere poco. Sentii infatti, l’avvicinarsi di un gruppo di guardie e la voce di Sitral che dava ordini.


Poi, il campo di forza venne disattivato e tre guardie vennero a prendermi. Due mi tenevano per le braccia e una terza mi mise un paio di manette ai polsi. Così scortata, uscii dalla cella e al di fuori altre due guardie assieme a Sitral mi stavano aspettando.


«Che onore avere tutta questa scorta, non lo trova affascinante comandante Sitral?»

Sitral ignorò la mia battuta e mi condusse in tal guisa fino alla sala ufficiali. Sitral, assieme a me e alle tre guardie, che erano entrate nella cella, entrammo nella sala.

T’Rel fece segno a Sitral e alle guardie di congedarsi, io rimasi da sola con il capitano, con ancora le manette ai polsi. T’Rel non mi fece segno di accomodarmi e quindi rimasi in piedi. Dopo alcuni minuti di silenzio, finalmente mi fece segno di sedermi su una sedia e mi accorsi quanto fosse rigida.


«La sedia non è di tuo gradimento?»

«È solo questione di abitudine.»

«La sedia è come la disciplina o ci si abitua o la si rifiuta.»

«C’è anche una terza opzione: il compromesso. Sull’Enterprise...»

«Qui non siamo sull’Enterprise e io so ogni cosa su di voi, pertanto non vi aspettate di poter negoziare con me.»

«Io non sono vulcaniana!»

«Le orecchie vi saranno rimesse. I nostri chirurghi sono eccellenti!»

«Io ho scelto ciò che voglio essere!»

«Davvero? Come mai allora siete qui?»

«Non l’ho di certo scelto io.»

«No, infatti. Non è stata una vostra scelta, ma è stata l’unica che andasse presa. Conoscete, i lavori che un cadetto o un semplice mozzo devono svolgere?»

«Sì.»


O meglio, potevo intuirli. Ne avevo sentito parlare e spesso si trattava di lavori sporchi, puzzolenti e terribilmente noiosi.


«Ho deciso di darvi un alloggio, in modo che possiate ambientarvi il più velocemente possibile. Dividerete l’alloggio con una vostra pari grado ed ella vi spiegherà tutto ciò che avrete bisogno di sapere sulla nave e sull'equipaggio. Buona fortuna, guardiamarina e benvenuta sulla Soval.»


Sì, all’inferno! mi dovetti trattenere dal dirlo a voce alta.


Quando raggiunsi con la scorta il mio nuovo alloggio, feci conoscenza di T’Lar, una giovane vulcaniana che mi parve subito fin troppo seria e composta per la sua giovane età. Non fece alcun commento sulle manette che portavo ai polsi e che in quel momento mi stavano venendo tolte. Abbozzai un saluto di circostanza e una minima presentazione, quando T’Lar m’interruppe dicendo: «So chi sei. Il capitano mi ha avvisato che saresti venuta.»

«Ah bene...» probabilmente rivolto, anche al fatto che finalmente avevo i polsi liberi.


«Bene? Non c’è nulla in questa situazione che possa essere definito con “bene”, comunque, il Capitano ha scelto me come tua compagna di stanza, perché avendo avuto una nonna umana, ritiene che io sia la più idonea a trattare con te. Su questa nave tutti sanno chi sei e del tuo comportamento. Non sarà facile per te vivere su questa nave, ma condividi il nostro stesso sangue e pertanto ti faremo diventare ciò che ci è stato richiesto.»

«Richiesto da chi?»

«Dal Capitano T’Rel.»

«(Che vorrei sapere da chi ha preso ordini…) e se io rifiutassi?»

«Ci tieni a tornare sull’Enterprise?»

«Sì!»

«Soddisfacente! Allora diventerai una vulcaniana!»

«Mi stai dicendo che solo se… allora io… No, mi dispiace ma non posso accettarlo!»

«Il capitano non ti ha avvisato delle conseguenze a cui sarai sottoposta se protesterai?»

«Sì, (purtroppo) mi ha detto di non osare protestare se non voglio diventare cadetto o semplice mozzo.»

«Soddisfacente, allora inizia a studiare questo!»


Prese in mano un dischetto cubico e lo inserì nel computer. Il computer iniziò a leggere il Codice di Comando Vulcaniano e iniziai a preoccuparmi veramente. T’Rel aveva ragione quando aveva detto che il Regolamento della Flotta, rispetto al Codice di Comando Vulcaniano, sarebbe stato paragonato a un regolamento per bambini.


«T’Lar io non ce la farò mai. Io non posso uniformarmi a un regolamento del genere! Non sono un computer!»

«Dovrai e se non ce la farai, comunque dovrai rendere al massimo delle tue capacità. A meno che, tu non voglia rimanere su questa nave a tempo indeterminato col grado di semplice mozzo.»

«Ma neanche per sogno! Io fra un mese voglio tornare sull’Enterprise!»

«Allora non hai scelta.»

«Non è giusto! Uffa!»


T’Lar mi guardò perplessa, ma in quel momento avrei veramente voluto avere un teletrasporto portatile per fuggire da lì.


Per un momento alla fuga ci pensai veramente, ma poi cosa sarebbe successo?

Mi avrebbero riportato lì. Allora che senso avrebbe avuto tentare di scappare?

Decisi di rimanere e di vivere l’esperienza, come una sfida.


Tanto, ormai avevo capito, che quella era la prova voluta da Sarek, per valutare se potessi essere riammessa o meno, nella Famiglia.






Torna al paragrafo



14 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page