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Immagine del redattoreT'Ile cha Sarek

CAPITOLO 39

DATA,07/05/2265


Non è mai facile riprendersi da un trauma fisico e tanto meno lo è quando ogni sforzo ti crea difficoltà a respirare. Una tosse insistente mi tormenta e a volte quando inspiro emetto un sibilo alquanto fastidioso. McCoy sta facendo il possibile per alleviarmi tali sintomi, ma a quanto pare neanche la medicina del XXIII puoi curare tutto e subito. Le ferite e cicatrici sono in via di guarigione e McCoy farà in modo che non rimanga nulla di visibile. Al momento di fasciate mi rimane l’orecchio destro, quello più malconcio. Non sento dolore, ma è ancora presto per togliere le garze. Una parte di entrambe le orecchie è stato necessario rifarla chirurgicamente con pelle prodotta in laboratorio. McCoy mi ha garantito che non vi sarà nessuna differenza con la pelle precedente e che col tempo riguadagnerò una sensibilità, pressoché normale.

Date le condizioni in cui ero, quando sono stata recuperata, ora posso dire di essere sana come un pesce.


Ho dovuto fare un lungo e dettagliato rapporto per spiegare ciò che ho visto e filmato con il tricorder e dare una motivazione per il decesso di Kevin.

È stato il Capitano a prendersi l’onere d’informare la famiglia.


Ho ripreso servizio, ma in modo molto leggero e con la costante presenza di un infermiere, pronto ad intervenire in caso di necessità.


È successo infatti, in uno dei giorni scorsi, mentre ero in plancia, alla postazione scientifica, che mi sia addormentata sulla consolle. Io non me ne sono neanche accorta di aver appoggiato la testa sul braccio e di essermi addormentata. Mi hanno riferito che se n’è accorta Uhura. La quale, con delicatezza si è avvicinata a me, prima preoccupata e poi accorgendosi del mio appisolamento, lo ha segnalato a Kirk, il quale ha chiamato McCoy che con una barella è arrivato accompagnato da Chapel. Mi hanno quindi sollevata e portata in infermeria, dove mi sono svegliata, dopo ore.


Da lì è nata una discussione fra Bones e Jim perché uno voleva che assolutamente restassi in infermeria e l’altro sosteneva, giustamente, che un po' di attività e di lavoro mi avrebbero reso la giornata più leggera e meno noiosa.


Alla fine arrivarono all’attuale compromesso: due ore di lavoro al giorno.


Ci sono però, anche giorni che io non riesco ad alzarmi dal letto, nei quali ogni colpo di tosse è come una lama infuocata e allora Bones mi esenta dal servizio e mi tiene in infermeria sotto stretta sorveglianza.


Spock quando può viene a farmi compagnia, porta la sua lira e mi suona qualche canzone, altre volte invece, mi racconta di come si sia svolta la giornata. È sempre interessante ascoltarlo, la sua voce calma e pacata farebbe fare le fusa anche ad un gatto e a me piace ascoltarlo a occhi chiusi, poi a volte capita che diventi fin troppo didascalico e allora mi fa un piacevole effetto soporifero.


Chapel mi ha raccontato che a volte Spock viene a darmi visita anche in tarda serata, mi ha detto che lo ha visto lei stessa entrare in infermeria, con quel suo passo felpato da felino, che nessuno ode e che con attenzione, si sia seduto accanto al mio letto per semplicemente guardarmi dormire. Ci sono state notti intere, che le ha trascorse seduto sulla sedia, vegliandomi e consultando personalmente i parametri vitali. Chapel mi ha detto che i primi giorni, nessuno sapeva con certezza se ce l’avrei fatta. Appena videro le condizioni degli arti, si era veramente temuto che non ci fosse alternativa all’amputazione. Poi, però iniziando un lavoro certosino di rigenerazione dei tessuti, di esportazione e ricostruzione, trapianto. La situazione è venuta a migliorare.


«Nei primi giorni è rimasto quasi sempre qui in infermeria. Era presente quando ti operammo e lo abbiamo visto stimolare l’autoguarigione nel tuo corpo. Sebbene McCoy gli dicesse di andare a riposare qualche ora, lui declinava e preferiva starsene sulla sedia a fissare il monitor. Quando sentiva che emettevi un qualsiasi tipo di suono, si alzava e si avvicinava al tuo cuscino, cercando di capire se avessi ripreso conoscenza. Ma, spesso erano falsi allarmi e lui, in silenzio, impassibile tornava a sedersi, nuovamente in attesa. Non credevo fosse tanto sensibile, eppure, avevo intuito che sotto a quella scorza d’impassibilità, ci fosse un cuore d’oro.»


Disse quell’ultima frase con tale trasporto che la guardai alzando un esaustivo sopracciglio, a quel mio gesto espressivo, ella rispose diventando rossa come un pomodoro, tanto che se ne andò tutta imbarazzata. Eh già, la cara Chapel si era innamorata di Spock, ma Spock, potevo scommetterci non si era accorto di nulla e neanche le interessava. Ah, Chapel di chi sei andata ad innamorarti. Spock sta alla scienza, come Kirk sta all’Enterprise. Non c’è posto per l’amore nei loro cuori. Forse, in quello di Kirk sì, ma lui non è per una relazione fissa e stabile: è per l’avventura. Un po' guascone, un po' dongiovanni.



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