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CAPITOLO 9

Aggiornamento: 30 apr 2021

DATA, 18/09/2264


Questa mattina mi sono svegliata ai primi raggi del sole, sulla sabbia del lago Yuron. Per svegliarmi e per togliermi la sabbia mi sono immersa nelle sue acque. Ho nuotato e mi sono lasciata cullare dalle sue onde, poi con una decisione ben chiara nella mia mente, sono salita sul veicolo e me ne sono tornata verso casa.


L’accoglienza di fredda indifferenza da parte di mio padre, fermo sull’ingresso, in posa come se mi stesse aspettando, mi ha fatto subito capire che ci sarebbe stata una lunga e per nulla piacevole conversazione.


«Divertita?»

«Il divertimento è un'emozione, padre.»

«Tu da quando non provi emozioni?» alzando appena un sopracciglio

«Strano sentirvelo ammettere, con tanta pacatezza.»

«Non sarebbe logico che io negassi la realtà. Conoscendoti mi stupisco pure di averti visto tornare, pensavo fossi fuggita su una nave e avessi intrapreso il viaggio per raggiungere l'Enterprise.»

«Padre, scappare non sarebbe stata una scelta né sensata né logica.»

«E tu da quando fai scelte sensate e logiche?»

«Quando per esempio preferisco risolvere una questione una volta per tutte!»

«E che questione avresti da risolvere?»


«Oh, una molto semplice: l'accettarmi per ciò che sono, invece di volermi per forza cambiare, per adattarmi alle tradizioni di famiglia! Io rifiuto l'imposizione dei cinque mesi con i Signori di Vulcano! Rifiuto definitivamente e categoricamente a porre sotto controllo, nelle modalità vulcaniane, le mie emozioni! Rivendico la mia appartenenza alla Terra e rivendico senza vergogna alcuna, le mie origini terrestri e umane.»

«Come osi fare questo alla tua famiglia?! Tu disonori la nostra famiglia! Tuo padre, mio fratello, era vulcaniano!»


«Mio padre, vostro fratello, è stato vrekasht, (= esiliato, reietto. Essere dichiarato "vrekasht" dal proprio padre, per un Vulcaniano è peggio che essere diseredato.) perché quando ha conosciuto mia madre, ha deciso di vivere definitivamente sulla Terra e di comportarsi come un umano! È stato eliminato dall'albero genealogico della famiglia, come se non fosse mai esistito! Tutto ciò che lui aveva su Vulcano è passato a voi! Mio padre ci ha sofferto talmente tanto, che voi neanche potete immaginare!»


«E tu cosa vuoi fare? Lo vuoi vendicare? Vuoi fare la sua stessa fine?»

«No, vorrei solo che dopo tanti anni venissero accettati, tutti quei vulcaniani che credono nell'IDIC e che non vogliono rinunciare ad una parte di se stessi! Non siamo tutti come Spock! Io di certo non voglio essere come lui!»

«Anche se ci provassi comunque non lo saresti mai.»

«Per fortuna!»

«Non esiste la fortuna!»

«Per voi no. Ma, per gli umani sì!»


 

Non so come...


sarà stato lo sguardo con cui guardai Sarek, sarà stato il mio tono di voce, fatto sta che in pieno volto ricevetti uno schiaffo talmente forte, che mi fece spostare di un passo. Mi portai la mano sulla guancia colpita, ancora calda e guardai Sarek con aria di sfida, mentre sentivo una mano serrarsi a pugno. La collera mista a indignazione, ribolliva dentro di me.


«La violenza è contro l'etica vulcaniana.»

«T'Ile, lo hai voluto tu: ti dichiaro ufficialmente vrekasht

«C-cosa?»


La rabbia mi era di colpo sparita, sentii un brivido freddo passarmi su tutto il corpo, l'incredulità per quelle parole mi lasciarono senza fiato e senza forze, come se un gancio destro e una testata sullo stomaco, mi avessero improvvisamente colpito. Lasciandomi lì in piedi, a bocca aperta.


«Hai sentito bene. Non metterai più piede in questa casa e non porterai più il patronimico della famiglia. Per i documenti ufficiali, dovrai trovare un altro cognome e Spock non sarà più tuo parente. Bada da ora in poi a come ti comporterai nei suoi confronti, egli è tuo ufficiale superiore sull'Enterprise.»


Sentii qualcosa pizzicare negli occhi, ma ricacciai indietro quella sensazione, con rabbia. Non sarebbe finita così, non poteva finire così!


«Padre...»

«Non sono più tuo padre! Prendi le tue cose e lascia questa casa! La tua presenza la disonora!»


Si allontanò, se ne andò dalla stanza ed io rimasi inebetita, ero appena stata dichiarata vrekasht come mio padre… I pensieri mi vorticavano a velocità curvatura nella mente, quando, dietro di me, sentii un fruscio e mi voltai.


«Madre!»


Non feci a tempo a dire altro che mi prese fra le braccia, con gli occhi arrossati e umidi. Aveva ascoltato ogni parola di quell'amara conversazione. La allontanai per vederla in volto, ciò che vidi mi strinse il cuore, ma mi feci forza. Non avrei ceduto per dignità al dolore, eppure sentivo che dentro di me, qualcosa si era frantumato, come si frantuma un cristallo, quando cade sul pavimento.


«T'Ile, porta il mio cognome!»

«No madre, non posso. Non faccio più parte di questa famiglia, avete sentito Sarek, se portassi il vostro cognome, Spock sarebbe ancora mio fratello. Invece, come accadde a mio padre Salek, io sono esiliata da questa famiglia. L'unico cognome che potrei portare è quello di mia madre Leila, Leila Livingston.»


«Livingston? Mi ricorda, il nome del gabbiano, di quel libro terrestre del XX secolo, che ti piaceva tanto da bambina, lo ricordi?»

«Sì... reietto ed esiliato dallo stormo perché diverso, perché voleva volare...»

«Però, poi lui tornò e lo stormo lo dovette accettare e divenne un maestro, un esempio da seguire per tutti gli altri gabbiani.»

«Ecco, allora questa parte si addice di più a Spock, che a me.»

«Non è vero! La si addice per entrambi!»

«Mad... Amanda. Devo andare...»

«Madre, chiamami così, io lo sarò per sempre e tu sarai sempre, mia figlia.»


Sentii le lacrime sugli occhi e capii che se fossi stata lì un attimo di più, non ce l'avrei più riuscita a trattenermi, quindi con delicatezza, scrollando il capo senza guardarla, le lasciai le braccia e poi le mani, fino a voltare le spalle a lei e alla casa. Con una fitta al cuore, sentii prima la porta e poi il cancello del giardino chiudersi alle mie spalle. Il luogo che mi aveva accolto all’'età di cinque anni, ora mi aveva dichiarata vrekasht.


 

Risalii sul veicolo e me ne andai, raggiunsi lo spazioporto, mi feci mettere in contatto con l'Enterprise e quando la voce di Uhura mi rispose, mi sentii come se una bolla fosse scoppiata attorno a me.


Per un attimo mi chiesi dove fossi, cosa stessi facendo. Uhura sentì quel mio silenzio e mi chiese se andasse tutto bene, cercando di riprendere il controllo e cercando di avere un tono di voce, che fosse il più sicuro e fermo possibile le risposi che sì, andava tutto bene.


I vulcaniani non mentono mai sentii dire da una voce nella mia mente. Oh, come no!


A quel pensiero mi venne un mezzo sorriso, ma forse era solo una smorfia. Comunque Uhura non indagò oltre, forse da persona acuta aveva già capito e non fece trapelare alcuna sorpresa nemmeno quando le chiesi dove fosse l'Enterprise e se fosse vicina a qualche base spaziale.


Mi disse, che erano nei pressi della base spaziale 14 e che poteva mettersi in contatto con lo spazioporto di Vulcano, per trovare una nave che mi portasse da loro. Alla mia risposta affermativa, mi disse che mi avrebbe contattato lei, non appena ne avesse trovato una nave.


 

Sto ancora aspettando... una bolla mi avvolge il corpo e una nebbia mi avvolge la mente. Ho inserito il "pilota automatico". Nella mia mente è visualizzata una sola immagine: è bianca, circolare e con due gondole alle sue estremità. La chiamano Enterprise, ma io la chiamo: casa.



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